Oltremuro
Dal 24 febbraio 2019 al Castello Luna, Sciacca
inaugurazione ore 1630



Oltremuro (people are strange)
di Flavio Tiberti

Fortezza di dura pietra.
Mura come corteccia.
Entro cui vivere chiusi, riparati.

Uno sguardo personale al di là del muro
in un'epoca miope e facile, senza contraddittorio.


People are strange when you're a stranger
Faces look ugly when you're alone
Women seem wicked when you're unwanted
Streets are uneven when you're down

When you're strange
Faces come out of the rain

When you're strange
No one remembers your name






34.361 emigrants

Il quotidiano inglese Guardian, in occasione della Giornata Mondiale del rifugiato del 20 giugno 2018, ha pubblicato la lista delle 34.361 persone morte sulla rotta per l'Europa, compilata dai dati della Ong olandese United for Intercultural Action.
Da questo drammatico numero la dilatazione da parte di Tiberti in 34.361 secondi del corto The Emigrant di Charlie Chaplin, del 1917. Dopo oltre cento anni il mondo è ancora popolato da esseri umani che bramano spostarsi, inseguendo un sogno e scontrandosi contro muri invisibili.
Al passare di ogni secondo il passaggio di una vita.
Si intende dilatare il tempo del viaggio, della narrazione della pellicola del 1917, per arrivare quasi a fermarlo e ad appropriarsi di questo suo significato. Il fotogramma giunge a diventare strumento per scolpire il tempo stesso. Il corto acquista così una presenza fisica e obbliga a soffermarsi sulla sofferenza di chi ha vissuto sulla propria pelle una tale esperienza.


La Sindrome del Muro
di Anthony Francesco Bentivegna

«È stato tutto inutile...
Ovviamente non è colpa tua, ma nostra.
Ci siamo sentiti sempre al sicuro dietro di te.
Abbiamo sempre eretto muri di pietra e mattoni per tenere a bada i predatori e i nemici.
Abbiamo discusso e complottato, grazie alla riservatezza che ci garantivi.
Ti abbiamo esteso in lungo e in largo per perimetrare i nostri territori.
E ogni qualvolta cadevi ti ricostruivamo più forte e robusto di prima.
Invidiavamo la tua risolutezza, il tuo rigore.
Per imitarti ci siamo chiusi a riccio con i nostri simili indossando una corazza spessa e inscalfibile, pentendoci, a lungo andare, di questa nostra scelta.
Perché adesso ci sembri così arido, così freddo, così insensibile?
Forse, per l'uso improprio che abbiamo fatto di te, ti stai vendicando?
Anche tu, come noi, ti sei "evoluto"?
Stavolta, però, siamo caduti noi nel tuo tranello!
Adesso stai perennemente con me.
Anche quando esco fuori di casa tu sei sempre lì, nella mia tasca, in ogni schermo.
E non riesco a scrollare gli occhi da te.
Sono ormai assuefatto a te!
Mi rendi forte, coraggioso e impavido.
Quando distolgo gli occhi da te non riesco neanche a tenere lo sguardo fisso su un mio simile.
Accendo la TV, e ancora sei lì!
Mi impedisci di vedere oltre.
Oltre l'aspetto esteriore della gente…
Oltre lo schermo di uno smarthphone o di una televisione…
Oltre le apparenze del mondo…».

Non è la prima volta che Flavio Tiberti usa la sua macchina per compiere un'indagine antropologica. La radiografia della società che ci offre è viziata dall'apatica indifferenza dell'uomo contemporaneo, che dal progresso tecnologico e informatico degli ultimi vent'anni è diventato sempre più misantropo ed individualista. L'uomo d'oggi è letteralmente assuefatto dal progresso che gli consente di sostituire gli affetti con surrogati digitali, provocandogli un'inappetenza verso tutto ciò che lo circonda. Cresce in cattività e sicuro della sua razione di "carne in scatola" smette di cacciare, smette di essere curioso, smette di ricercare al di fuori delle "proprie mura"!
Si trova tutto sul web: amici, sesso, immagini, film, musica… Si trova anche il coraggio di attaccare, di ferire...
Fa sentire sicuri, forti, come avere un amico accanto!
Ma questa "Sindrome del Muro" come si manifesta nel mondo pratico di Tiberti?
Instagram - cito testualmente Wikipedia - «è un social network che permette agli utenti di scattare foto, applicarvi filtri, e condividerle in rete». Allora che senso ha nel sec. XXI essere un fotografo se tutti siamo dei potenziali influencer?
Ancora una volta la "Sindrome del Muro" ci ha giocato un brutto scherzo: la facilità tecnica odierna nel fare una foto allontana sempre di più il "fotografo" da quel rapporto empatico che aveva instaurato con la macchina.
Tutto è dimenticato/rimosso: esposizione, tempo di scatto, apertura del diaframma e ISO, per essere sostituito dalla modalità automatica, dalla "Bellezza volto" e da centinaia e centinaia di filtri fotografici da applicare postumi alla realizzazione dello scatto.
Servendosi della fotografia analogica, Tiberti rileva scenari angosciosi e inquietanti, non perché animati da mostri, demoni o creature spettrali, ma immortalando il vuoto risveglia in noi paure ancestrali, come l'ignoto, l'oscurità, la solitudine. L'utilizzo del bianco nelle sovraesposizioni, nelle sfocature dei solidi e nella messa a fuoco delle texture genera nella nostra mente un silenzio assordante, rievocando angosce infantili come quella di perdere di vista, nella folla, i propri genitori.
L'uomo è solo quando, guardandosi allo specchio, non riconosce più il suo riflesso. La sua evoluzione, il suo percorso, l'ha mutato talmente tanto che - esperienza dopo esperienza - non vi è più traccia dell'uomo che desiderava diventare, anzi, in Man in the mirror viene addirittura smaterializzato.
L'uomo è solo davanti al suo vissuto, a uno scenario non più accessibile: i ricordi della sua infanzia l'innocenza, la spensieratezza, la genuinità, sono ormai appartenenti a un tempo passato che non ritornerà, come in Youth dreams.
L'uomo è solo e spaesato davanti a un varco che si apre, davanti a una strada che si prospetta davanti a lui. E davanti a prospettive sconfinate chiude i battenti, rifugiandosi nell'intensità del bianco, per non cadere in preda all'agorafobia (Way out).
Flavio Tiberti ricerca una spasmodica spazialità in schemi rigidi, rigorosi, centrali, quasi matematici, simili a quelli della prospettiva di Piero della Francesca. E in questa esperienza "in prima persona" gioca con la percezione cognitiva mettendola continuamente alla prova.
Il suo operato oscilla tra concettualità poetica [No way out (my boy)] e percezione dei solidi geometrici, una dicotomia che ha come rappresentazione più acuta Here is the news, in cui il vuoto palesato nel bianco diventa accecante, e il nero della maniglia sottoesposta diventa un indicatore, un'anomalia che segnala il soggetto principale: una cordicella che segue l'effetto naturale della gravità. Egli ritrova negli oggetti i sopravvissuti a questa apocalisse intima.
The politician è una rappresentazione della politica attuale, digiuna dai valori e dall'interesse personale, ma ancora di più è l'ultimo frammento d'immagine dell'uomo, sempre più annullato e ormai in balia di un'oscurità che sale gradualmente di livello, affogandolo.
Oggi più di ieri è difficile guardare "oltremuro". Certo, non tutte le fessure possono essere spaziose come in alcuni scatti di questa serie. A volte lo spiraglio è talmente piccolo, talmente impercettibile, che potrebbe paragonarsi ad un frame cinematografico. Nell'opera 34361, sembra quasi di trovarsi di fronte ad una porta automatica collegata ad un timer che permette di aprirsi e chiudersi al ritmo di un secondo. Forse lo spiraglio per entrare, anzi, per vedere, passa attraverso quel millesimo di secondo, tra una transazione e l'altra. Tiberti ha teso questo documento cinematografico come se fosse un elastico, e tale flessione, infatti, mette a nudo le trame, i pori dell'oggetto-video. L'estensione in nove ore (34361 secondi), permette, infatti, di creare delle brecce tra un fotogramma e l'altro, generando una pausa che consente al fruitore una stazione riflessiva di un millesimo di secondo in cui il cervello elabora, non le immagini in velocità, ma ogni singolo attimo in cui si può cogliere l'intensità dell'immagine con tutte le sue mille sfaccettature: espressioni facciali, mimica del corpo, sensazioni empatiche, e ancora, luoghi, scene, contesti.
Flavio Tiberti, con questo ciclo ci invita a spegnere il cellulare, a cercare la finestra nella stanza, la fessura nel muro. Non vuole metterci a corrente dell'esistenza di un mondo nuovo e inedito, ma desidera risvegliare il fruitore dalla trance di osservare il vuoto per consentirgli di mettere a fuoco, proprio come una macchina fotografica, il mondo circostante, affinché ne possa cogliere gli aspetti concreti: il godere di un momento che mai più si ripeterà, l'introspezione per ritrovare il nostro io più puro (muro-corazza), l'andare oltre le etnie e la condizione sociale, per comprendere che siamo fatti della stessa materia (muro di facciata).
Solo in questo modo possiamo rivedere noi stessi nel riflesso dello specchio.
Solo in questo modo possiamo avere il coraggio di oltrepassare una breccia.
Solo in questo modo possiamo guarire dalla "Sindrome del Muro" che ha reso miope la società.


Introduzione a Oltremuro
di Bruno Maggiolo

"Quando si alza il vento del cambiamento, lo stolto costruisce muri, il saggio mulini a vento".
Chi poteva mai pensare decine di anni dopo..
Era il 1989 quando il muro di Berlino crollò. Ma ancora oggi, in molte parti del mondo, i muri continuano a correre lungo confini che vengono trasformati in barriere fisiche: muri di confine espressione di una visione miope e perdente della storia.

Il Lavoro di Flavio Tiberti e il momento storico che viviamo
L'arte non è altro che un'attività basata sul possesso di una tecnica, su un sapere acquisito sia teoricamente che attraverso l'esperienza, e come attività basata sull'evoluzione cognitiva e percettiva del senso estetico, appare collegata alla rappresentazione della realtà.
L'arte e quindi la fotografia come capacità di raccontare la realtà in diversi modi, si è interessata della migrazione, del trasferimento di milioni di persone in cerca di un futuro e di pace.
Migrare è sempre stato un fenomeno ineludibile del genere umano.
Oggi flussi migratori di dimensioni impensate stanno modificando lo spazio antropico del nostro pianeta. La migrazione, nella sua accezione più ampia, è l'effetto di processi di cambiamento, di profonde trasformazioni politiche e sociali, tecnologiche ed economiche; è l'effetto di processi di espulsione che trovano la loro origine nelle guerre, nelle lotte politiche, nei conflitti tra classi sociali o gruppi
tribali, oppure nella povertà, nelle trasformazioni del tessuto sociale preesistente, nell'inurbamento forzato, nella perdita delle proprie radici e nella scarsa redditività dei lavori tradizionali.
Migrare non è un dato biologico, bensì un atto esistenziale e politico, il cui diritto deve essere ancora riconosciuto… Essere cittadini, non significa essere proprietari del territorio nazionale; l'accoglienza non è un gesto di carità, né un gesto etico, ma un atto politico e l'incontro con gli altri è ricchezza ma anche scontro.
Le migrazioni sono diventate negli ultimi anni, e in culture anche molto diverse, un argomento importante dell'arte contemporanea. Pittori, registi, uomini di teatro, fumettisti attraverso i loro linguaggi specifici hanno espresso ciò che hanno vissuto direttamente,oppure visto e ascoltato; hanno rappresentato le speranze, i progetti dei migranti, ma anche ciò che hanno lasciato: un mondo fatto di ansie, di abbandoni e di perdite.

L'autore
"La profondità psicologica e la ricerca introspettiva costituiscono il tratto caratterizzante del lavoro di Tiberti". L'arte del guardarsi dentro frutto di ricerca interiore e di introspezione da forma a giochi psicologici, a conflitti, a maschere, alle emozioni che si agitano nella nostra psiche e descrive ciò che avviene dentro, invece di descrivere ciò che avviene fuori.
Fotografia come ricerca interiore per scoprire la nostra psiche e sapere come siamo fatti. Introspezione e arte sono quindi le due parti di un unico processo di ricerca interiore. Quando questo processo diventa creativo, l'opera si realizza. Così lo spettatore può finalmente apprezzarla e comprenderne il messaggio.

Le foto
Specificità dei luoghi, la loro contingenza spazio temporale, l'uso personale della luce e del mezzo fotografico. Fotografie al confine tra mondo visibile e invisibile, dove gli espedienti della prospettiva sono annullati a favore di una visione oltre il limite. Rallentare, andare controcorrente rispetto al vortice virtuale, alle accelerazioni che ci incalzano ovunque, lasciare interagire la propria fisicità con quella del mondo a ogni livello, dare spazio alla memoria e al pensiero per valicare l'effetto anestetico prodotto dalla velocità e dalla consuetudine proprio partendo dalle cose e dai momenti quotidiani.
La luce nelle fotografie di Tiberti genera e accoglie ogni cosa, è un tramite privilegiato tra la trascendenza personale e il mondo esterno delle apparenze e delle sostanze. Così, le cose, le forme e gli spazi semplici, ci possono sorprendere, possono diventare potenziali, possono generare stimoli nuovi che accompagnano verso la dimensione di quel silenzio costitutivo, di quella "parola che manca", che è predisposizione all'ascolto, alla percezione e all'interazione, che è la parte più profonda, libera e vera di noi stessi, che è la radice vitale della nostra specificità di esseri trascendenti.

Il Luogo della Mostra
Il Castello dei Luna rappresenta per Sciacca (Agrigento) uno dei più importanti monumenti anche in relazione alla sua storia tormentata, che lo fa appartenere sia alla storia che alla leggenda. Legato al "caso di Sciacca", la secolare lotta sanguinosa tra la famiglia dei Luna (catalana) e quella dei Perollo (normanna), in conflitto per un amore segreto, quello di Giovanni Perollo per Margherita, moglie di Don Artale Luna, anche per interessi politici ed economici. Gli stessi interessi politici ed economici che ancora oggi agitano il fenomeno della migrazione.

Bruno Maggiolo, giornalista ed ex professore universitario, da sempre attivo in Progetti umanitari ha curato diverse pubblicazioni fotografiche sul mondo del volontariato. Da qualche anno gestisce insieme a Sabina il ristorante Lou Pountin (il piccolo ponte) in un luogo simbolo dell'emigrazione: la val Roya, nel sud della Francia. Un posto speciale, i cui cittadini si rifiutano di "lasciar morire l'umanità".